Giovanni Signorelli - 1923

Piccolo, rachitico, le gambe storte. Balbetta, e parla biascicando. Lavora nella bottega di un ciabattino, nel retro. Come unica compagnia, trova una vecchia chitarra. Tra i suoni della chitarra e una voce che non sapeva di avere, fonda e rotonda, si scatena un’attrazione d’amore.
Un giorno qualcuno sente le sue canzoni. Chiama gli amici. Lo spiano. Sono dei buontemponi, giovanotti di buona famiglia che passano le giornate nei bar del Sentierone. Lo convincono a seguirli, con la sua chitarra. Lo portano in un locale affollato. Non ha mai suonato né cantato di fronte a un altro essere umano: timidamente, comincia a suonare, e a cantare una delle sue canzoni. Poco a poco, si fa il silenzio. Ne canta una seconda, una terza. Arriva altra gente, la sala si riempie. Finalmente alza gli occhi, vede tutte quelle persone, e smette di suonare. Bravo! Bravissimo!! I suoi occhietti da topo esplodono in lacrime. Il suo “agente” butta il cappello ai suoi piedi, e in un istante come per magia è pieno di soldi.
Da quel giorno diventa “ol Merica”, il cantastorie della città, la voce della verità, il fustigatore del potere, il poeta dei poveri diavoli. La sua base era qui, nel boschetto di S. Marta, sotto l’ippocastano gigante, ol piantù, una rarità, abbattuto nel 1923. Dalla sua ballata di protesta, nasce la coscienza ecologica della città. ‘N del Boschet de San Marta gh’era det ú bel piantù; [… ] i l’a mandat a rebuldù.


le piante

Le piante